20.03.2025

FOLLA PER L’ADDIO A JACOPO: “HA AMATO LA BELLEZZA DELLA VITA”

Chiesa gremita a Roana per l’ultimo saluto al diciottenne vittima di un aneurisma in sella alla sua moto, mentre accompagnava la fidanzata a casa. Il ricordo del parroco: «Jacopo ha amato la bellezza della vita»

Servizi 20 Marzo 2025

TG Veneto News
1^a Edizione del 20.03.2025 TG Completo
L’ULTIMO VIDEO TRA LE MONTAGNE, ADDIO E PREGHIERE PER ELISA E ABEL Il dolore e le lacrime di mamma Anna Maria, ancora sconvolta per la morte della figlia Elisa De Nardi, una delle due vittime della slavina che domenica a Forcella Giau ha spezzato la vita della 39enne e dell'amico di cordata, il 37enne Abel Ayala Anchundia. Una tragedia dalla quale si è miracolosamente salvato il fratello di Elisa, Andrea De Nardi, 51enne che rispetto alla gravità di quanto accaduto ha riportato conseguenze fisiche di poco conto in seguito alla slavina mentre ben più profonde sono le ferite emotive che la tragedia ha causato in lui. E'stato peraltro proprio Andrea De Nardi, nell'immediatezza del dramma, il primo a cercare di soccorrere la sorella scavando tra la neve con le mani. Un tentativo disperato ma inutile per salvare “Toffa”, come Elisa De Nardi era chiamata da chi le voleva bene e le stava più vicino. Nella villetta di via dei Pascoli a Conegliano, in provincia di Treviso, il dolore è inevitabilmente ancora vivo. Accanto a mamma Anna Maria e al fratello Andrea, neanche zia Letizia De Nardi vuole parlare. Troppo fresco il dramma affinchè i ricordi della sua felicità in vita riaffiorino già ora con una Conegliano che si prepara a dare l'estremo saluto ai due; venerdì alle 14.45 nella sala del commiato del crematorio di Conegliano è in programma la cerimonia pubblica di saluto ad Abel. Il giorno successivo, sabato alle 10, sarà invece il duomo di Conegliano ad ospitare i funerali di Elisa. In tutto questo della 39enne spuntano le immagini girate proprio durante l'ultima ascesa a Forcella Giau, pochi attimi prima del dramma da chi era con lei. E che proprio a lei si rivolge con la gioia di chi stava vivendo attimi di serenità laddove, come recita la frase voluta dai parenti nella sua epigrafe, lo spirito libero di Elisa volerà per sempre, tra quelle cime che la 39enne tanto amava.
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BABY GANG, QUARTIERE SOTTO SCACCO: “CHIEDIAMO PIÙ CONTROLLI” Un quartiere sotto scacco delle baby gang. Siamo nel quartiere Santa Bertilla, in piazzetta Monsignor Lorenzon. L’ultimo episodio nelle scorse ore. Una decina i ragazzi che hanno fatto incursione all’interno di un’attività, con arroganza, tra video e selfie. Si sono sdraiati nelle sedie, davanti agli occhi increduli dei clienti e dei commessi. Deridendoli, in sfregio a ogni loro richiesta di abbandonare il negozio. E anzi, dopo tempo, se ne sono andati portando via proprio degli oggetti dell’attività. Un episodio culmine, ma quel gruppo si trova lì ogni giorno, bivaccando lungo i portiti. E ora aumenta la paura di chi lì vive e lavora.
GIGI MIRACOL, RITRATTO DI UN UOMO LIBERO Cosa vuole dire essere veramente liberi? Un docufilm tutto veneto esplora la vita di Gigi Miracol, vignaiolo itinerante, poeta saltimbanco, mangiafuoco. Ma soprattutto, uomo libero.
NICOLETA, IN AULA GLI AUDIO DELL'AGONIA Oltre mille ore di registrazioni. Violenze, minacce, alla ex moglie, alle due figlie piccole. In aula l’orrore degli audio che raccontano l’incubo di Nicoleta Rotaru. Il primo file risale al 2017, l’ultimo alla notte del due agosto 2024, quando la 39enne viene uccisa dall’ex marito Erik Zorzi, nel loro appartamento di Abano Terme, con le bimbe in casa. Parla a voce bassa e piange il camionista, quando legge i capi d’accusa alla quarta udienza. Cala il gelo alla Corte d’Assise di Padova quando viene riprodotto l’audio choc, gli ultimi istanti di vita di Nicoleta che dalla tomba ha incastrato il suo Killer, un racconto in diretta del femminicidio che Zorzi voleva spacciare per suicidio per impiccamento nel bagno. Quindici minuti in cui sente l’uomo gridare, le urla disperate della donna: Il delirio: “Ti prego Nico non distruggermi. Ti giuro io non volevo tutto questo, non so cosa fare”. Rumori di lotta, i rantoli, la voce di lei che si fa più flebile, i colpi di tosse che altro non sono che disperati tentativi di arraffare aria, un respiro, aggrapparsi alla vita. Cala il silenzio. Poi suoni compatibili con la messa in scena del suicidio: la porta del bagno che si apre, quella della doccia, il tintinnio di una cintura, un chiavistello. Il cellulare di Nicoleta si spegnerà due giorni dopo la sua morte, per esaurimento della batteria. Dentro lei stessa aveva raccolto un archivio, 56 gigabyte di registrazioni, tutte le testimonianze per incastrare Erik Zorzi, comprese gli insulti e le minacce alla madre e alle figlie più piccole. A riecheggiare in aula anche i continui “perché, vai via” di una candida voce femminile. “Perchè si muore una volta sola e si vive da porti tutta la vita. Aspettati cose brutte. Dopo le 20 i libri e i tablet non si toccano”. “Ma sto facendo i compiti”, risponde la voce. Quella della figlia più piccola.

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